L'area dell'Argimusco si estende su un vasto altipiano compreso tra i 1165 ed i 1230 metri s.l.m., proprio al centro del territorio abacenino, laddove l'asprezza dei Peloritani lascia spazio alla dolcezza del Nebrodi. Ci troviamo nell'antica Val Demona, in provincia di Messina. Situate nei pressi del borgo di Montalbano Elicona e della Riserva Naturale del Bosco di Malabotta, le Rocche dell’Argimusco rappresentano uno dei più interessanti complessi rupestri dell’intera Italia meridionale. In questo sito naturalistico regnano incontrastate pietre millenarie avvolte da un silenzio che è spezzato solo dai suoni degli armenti e dall’ululato del vento.
Ed è proprio l’azione degli agenti atmosferici, principalmente il vento e l’acqua, che ha modellato le enormi rocce, creando pietre dalle particolari figure antropomorfe e zoomorfe. In seguito l’uomo scoprì questo luogo senza tempo, iniziando a frequentarlo, a contemplarlo ed a utilizzarlo. Tra gli svariati motivi di utilizzo uno tra tutti acquisì ben presto primaria importanza: l’osservazione del cielo. Così le grandi rocce e l’intero paesaggio furono scelti per praticare l’astronomia, per decifrare i movimenti degli astri, giungendo a scoprire l’alternarsi delle stagioni e fissare le basi per un pratico e utile calendario. Ciò è accaduto migliaia di anni fa in diversi luoghi della Terra.
E sembra che ciò avvenisse proprio all’Argimusco, un pianoro dove si svolgevano riti sacri, dove la terra si unisce al cielo formando il paesaggio sacro per eccellenza. Questo luogo atavico ben presto diventò un osservatorio astronomico naturale, e molte delle pietre in esso presenti furono lavorate per fini precisi. Questo sito naturalistico ed archeologico da molti è stato già definito come la ‘Stonehenge siciliana’, ma questa dicitura è errata, in quanto all'Argimusco non si trovano megaliti ma pietre naturali, alcuni delle quali lavorate. Se si volesse fare un parallelismo sarebbe quindi più corretto parlare di 'Marcahuasi siciliana'.
Studi passati e recenti
Sull’altipiano dell’Argimusco non è mai stato compiuto alcun scavo archeologico ufficiale, ma dai reperti pervenuti dalle aree circostanti si può supporre che il sito sia stato antropizzato già dall’Età del Bronzo. In questo periodo della protostoria è molto probabile che il pianoro dell’Argimusco sia stato utilizzato come santuario naturale, una vera e propria area sacra, dove si svolgevano riti legati alle divinità della Terra e del Cielo. Ma una risposta certa a queste supposizioni potrà darla solo uno studio archeologico ed archeoastronomico adeguato.
Diversi sono stati gli studiosi che nel XX secolo hanno proposto studi e teorie sull'altopiano megalitico. Nel libro 'Montalbano Elicona. Storia e Attualità' di Nicola Terranova, l'Argimusco viene menzionato più volte, soprattutto in riferimento al passaggio delle legioni romane al comando di Cornificio ed Ottaviano Augusto (I sec. a.C.). A riguardo l'autore montalbanse cita le opere di Cicerone (Verrine) e di Appiano Alessandrino (Delle guerre civili de' romani).
Tra i primi studiosi che hanno realizzato ricerche sull'Argimusco e sul suo territorio si deve certamente annoverare il Prof. Gaetano Maurizio Pantano, già insegnante di disegno e storia dell'arte che vive a Montalbano Elicona. Affascinato dalle innumerevoli strutture megalitiche dislocate nell’intera zona che circonda il paese di Montalbano, interpretate come segni tangibili di un’antica e sconosciuta civiltà del passato, il Prof. Pantano ha studiato per più un ventennio l’intera zona, scoprendo interessanti siti preistorici. Parte di queste ricerche sono confluite nel famoso saggio “Megaliti di Sicilia” del 1994.
Un altro studioso che ha intrapreso ricerche sul territorio abacenino è il Prof. Giuseppe Todaro, insegnante di scienze che ormai da numerosi anni vive a Bergamo. I primi studi del Prof. Todaro risalgono agli inzi degli anni '80 dello scorso secolo, ed in essi è da sottolineare la lungimiranza della proposta di una valenza cultuale e primitiva dell'altopiano dell'Argimusco. Le sue ricerche sono confluite in tre libri: il saggio 'Alla Ricerca di Abaceno' del 1992, ed i due romanzi 'Il mistero di Arnaldo' e 'Ritorno a Montalbano' (2009 e 2013).
Pur avendo suggerito numerose proposte ed idee di ricerca, l’area non fu soggetta in seguito ad ulteriori studi. Intanto, negli anni a seguire, il pianoro dell’Argimusco veniva scoperto da un crescente numero di appassionati della natura, escursionisti e viaggiatori.
E così molti anni dopo le scoperte e gli studi dei Professori Pantano e Todaro, quasi per caso, nell’estate del 2004, l’archeoastronomo Dott. Andrea Orlando scoprì questo luogo unico e, da quel momento, iniziò uno studio scientifico sul misterioso pianoro, affascinato e rapito dalla bellezza delle sue pietre. Dopo anni di sopralluoghi, osservazioni e visite, lo scienziato etneo nel settembre 2014 ha partecipato a Malta al XXII convegno della SEAC (European Society for Astronomy in Culture), presentando il primo studio scientifico sull'Argimusco ed il territorio circostante. Nel 2015 il lavoro è stato presentato anche al XV convegno della SIA (Società Italiana di Archeoastronomia), svoltosi all'Università di Catania l'11 ed il 12 settembre. Nel giugno 2017 è stata finalmente pubblicata dalla prestigiosa casa editrice Springer la prima pubblicazione di carattere scientifico sull'altipiano dell'Argimusco dal titolo: 'Argimusco: Cartography, Archaeology and Astronomy'. Tale pubblicazione è inserita all'interno del volume 'The Light, The Stones and The Sacred', curato dallo stesso Andrea Orlando.