Il cosiddetto Riparo della Sperlinga fa parte di una grande formazione rocciosa che interrompe il pendio del Monte San Basilio, nei pressi del quale si trova il piccolo abitato omonimo, frazione di Novara di Sicilia. Le Rocche della Sperlinga sono formate da una serie di alte pareti a strapiombo, interrotte da grosse frane ed enormi massi. Alla base della balza rocciosa si susseguono una serie di ripari, ingrottamenti e cavità spettacolari. Dal punto di vista geologico le rocce fanno parte dell’Unità Tettonica di Rocca Novara (Giurassico Sup.– Oligocene Inf.).
Le Grotte di Sperlinga fanno parte dei geositi siciliani con grado d’interesse mondiale, inoltre esse sono considerate tra i più antichi ripari preistorici di Sicilia. Il rilevante interesse archeologico del Riparo della Sperlinga fu compreso già agli inizi degli anni 40 dello scorso secolo, quando Domenico Riolo, ispettore onorario di Milazzo, insieme al Soprintendente della Sicilia Orientale, Luigi Bernabò Brea, fecero una prima ricognizione sul luogo a fine giugno 1942. Al sopralluogo non seguirono subito gli scavi perchè gli avvenimenti legati alla seconda guerra mondiale lo impedirono. Si dovette attendere una decina di anni prima di avviare l’indagine archeologica. La prima campagna di scavo duro poco più di due settimane, dal 3 al 19 maggio del 1951, ma bisognerà attendere circa venti anni per conoscere i dati di scavo.
Il Riparo della Sperlinga e la Grotta Corruggi a Pachino (Siracusa), scavata anch’essa da Bernabò Brea, rappresentano i siti archeologici che hanno dato il via alle ricognizioni del Mesolitico siciliano. Dei tre ampi ripari che furono individuati ne esiste uno che è meno soggetto ai venti di tramontana: il riparo 3, quello situato a Sud, alla quota più alta. Questo riparo si apre verso Est/Nord-Est, ed in particolare da esso è possibile osservare l’orizzonte orientale con i rilievi montuosi di Monte Castello Orlando (circa 950 mslm) e Pizza Russa (circa 1050 mslm). Il riparo possiede un forte aggetto, che permette di ripararsi completamente dalla pioggia.
Il riparo 3 è stato protagonista dello scavo archeologico condotto da Luigi Bernabò Brea e dall’assistente Gaetano Bottaro nel 1951. Dallo scavo emersero numerosi frammenti di materiale ceramico (culture di Diana, Piano Conte, Serraferlicchio e Stentinello), oggetti fittili (pesi), industria litica (selci, ossidiane, quarzo e quarzite), industria dell’osso (punteruoli) ed industria della pietra (macine). Ma non solo, sulla parete Nord del riparo 3, durante lo scavo emersero anche delle incisioni rupestri formate da una trentina di tratti verticali o obliqui caratterizzati da profondità diverse, le quali si crede che furono realizzate dalle genti che nel Paleolitico Superiore o nel Mesolitico frequentarono il riparo.
Queste incisioni sono molto simili alle centinaia di altre incisioni lineari scoperte in tante altre grotte e ripari di Sicilia. Il significato di queste linee resta ancora oggi di difficile interpretazione. Un’ipotesi molto verosimile, già proposta dal Mannino, potrebbe essere quella che le linee riproducano delle zagaglie poste all’ingresso per impedire agli spiriti maligni di penetrare in grotta. Un’altra teoria è quella che considera questa tipologia di incisioni come ‘marques de chasse’, ovvero espedienti di computo, forse di animali abbattuti.
Altre ipotesi riguardano riti magici ed in generale il significato sembrerebbe legato alla sfera del sacro. Tuttavia, in riferimento alle incisioni scoperte lo scorso secolo alla Sperlinga, tenendo in considerazione il loro numero, si potrebbe anche ipotizzare a nostro avviso una valenza calendariale.
BIBLIOGRAFIA
CAVALIER M. 1971. Il riparo della Sperlinga di S. Basilio (Novara di Sicilia), in Bullettino di Paletnologia Italiana 80. Roma, pp. 7–76.
ORLANDO A., Biondi G., Romano P. e E. Messina 2020. Arte e siti rupestri nel Val Dèmone (Sicilia Nord-Orientale): il Riparo Cassataro, la Pietraperciata, la Rocca Pizzicata, la Rocca San Marco, l’Altipiano dell’Argimusco ed il Riparo della Sperlinga, in CARRERA F.M.P., GRIFFONI CREMONESI R. e A.M. TOSATTI (a cura di), L’Arte Rupestre nella penisola italiana: rapporti tra rocce incise e dipinte, simboli, aree montane e viabilità. Oxford (UK): Archaeopress, pp. 306-340.